L'invasione dei bruchi - Ascona Valdaveto

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L'invasione dei bruchi

La chiesa
Un importante documento, custodito nell’archivio notarile di Chiavari, che testimonia un frammento della storia di Ascona nel XVIII secolo è la scrittura del notaio Giuseppe Tassi che il 21 ottobre 1758 registrava che tutte le terre di Ascona, Pievetta, S. Stefano e Torrio erano state invase e devastate dai bruchi in modo tale che le sementi nate non potevano crescere e le cresciute non raggiungevano la maturità.  
Poiché i reggenti del castello di S. Stefano volevano rimediare in qualche modo al danno, attraverso l’intercessione  del principe Doria, ottennero una bolla del Papa, datata 16 settembre 1758, a firma di Clemente XIII in cui si autorizzava il Vescovo di Bobbio, mons. Gaspare Lancellotto Birago, con facoltà di delega ad altri, ad impartire la benedizione apostolica ai campi “affinché i bruchi fuggissero dal cospetto della Santissima Croce, che loro venne mostrata”.
Il vicario generale della diocesi di Bobbio, Cambiaggio Michele, delegò Annibale Besozzi, patrizio milanese e teologo della sapienza romana della cattedrale di Bobbio, che si recò a S. Stefano per un triduo di penitenza; all’ora del vespro del terzo giorno “tenne un sermone sul significato della funzione …  poscia con una croce formata di antica e montana quercia, benedisse alle quattro parti del mondo. La detta croce baciata da lui e dal popolo, fu piantata su monte di Mezzo mentre le popolazioni dei quattro villaggi fecero voto di mantenerla in perpetuo a ricordo del fatto ed in ringraziamento del favore ottenuto”.
I detti popolari vogliono che durante la benedizione il Vicario prese due pietre e con queste schiacciò alcuni bruchi.
Da allora gli abitanti delle quattro parrocchie si ritrovano ogni anno il giorno seguente delle Pentecoste per rinnovare il voto espresso nel lontano 1758 e talvolta anche per scongiurare siccità o piogge prolungate.
Da ogni paese parte una processione che si ritrova con le altre ad un orario stabilito sulla cima del monte di Mezzo dove il sacerdote impartisce la benedizione ed i fedeli cantano il Vexilla: terminata la cerimonia le quattro processioni prendono la via del ritorno con l’appuntamento per l’anno seguente.
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